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giovedì 17 ottobre 2013

Stefano Santachiara : il diritto all'informazione,iscrivetevi nella sua pagina FB


Sono un giornalista d’inchiesta. Me lo scrisse il professore di Lettere, il latinista Alberto Ricchetti, motivando un doppio voto, 4 e 10: “Sei fuori tema o, se è come penso, sei un giornalista”. Una delle tracce del compito in classe era dedicata alla guerra civile nella ex Jugoslavia, anni prima del bombardamento della Nato su Belgrado in risposta all’invasione del Kosovo. Avendo seguito anche il giornalismo ‘not embedded’, scrissi che in ogni conflitto esistono interessi economici e geopolitici, nonchè torti e crimini da ambo le parti. La pulizia etnica operata dai miliziani del presidente Slobodan Milosevic, ad esempio, non può far dimenticare le violenze degli Ustascia, i fascisti croati che perseguitarono i serbi residenti massicciamente in Krajina. Come tanti ragazzi dell'epoca scoprii la passione civile nel biennio di Mani Pulite, la rabbia impotente per Capaci e via D'Amelio. La molla decisiva però, quella che mi fece "sentire" le parole del maestro di liceo, fu la visione casuale de 'Il muro di gomma' di Marco Risi: la storia dell'inchiesta giornalistica sulla strage di Ustica. Il compito della nostra categoria è fondamentale per la qualità di una società democratica: andare oltre la superficie delle verità di comodo può essere rivoluzionario poiché fornisce alla cittadinanza gli strumenti per capire e dunque per difendersi dalle ingiustizie, siano esse ai danni del singolo o della collettività. Nel 1996 iniziai a raccontare la realtà emiliana per la Gazzetta di Modena e la Gazzetta di Reggio, pagato 5mila lire ad articolo. Giravo come una trottola per i paesini di provincia occupandomi di lotte ambientaliste, crisi del tessile-abbigliamento, privatizzazione di servizi nella scuola e nella sanità. Conquistai la prima-prima pagina per un gruppo di volontari che protestavano tenacemente contro la chiusura del loro ospedale: minacciavano di ritirare i sofisticati macchinari che avevano donato per lustri al San Sebastiano di Correggio, nosocomio a misura di donna, rinomato per il parto in acqua, la mammografia e la chirurgia dolce. Ricordo anche le due ultime spigolose interviste: la segretaria dei Verdi Grazia Francescato, unica donna a guidare un partito italiano, vibrava di passione civile al ritorno dal raduno dei movimenti no global al Wto di Seattle; Renzo Testi, presidente di Coop Nordest, mi confidò il malessere per la perdita di identità dei Democratici di Sinistra. Prima e dopo il servizio civile nella struttura protetta di Carpi, consistito nel torturare gli anziani ospiti con la lettura dei giornali del mattino, riuscivo a mantenermi cambiando vari mestieri. Vinto il concorso per un posto da impiegato in Comune, abbandonai presto per senso d’inutilità; da agente assicurativo non riuscii a vendere una polizza, andò meglio da sportellista presso un’Agenzia ippica. Nel frattempo continuavo a scrivere sul freepress VivoModena e gratuitamente sul sito centomovimenti, per il quale mi occupavo di politica e giustizia: http://www.centomovimenti.com/2004/dicembre/13_mafia.htm. Nel 2003, per iniziativa di Roberto Serio, direttore di Vivo e corrispondente de l’Unità, fui assunto nella radio legata al freepress: Modena Radio City. La maggior parte del lavoro, ovvero sintesi delle notizie d’agenzia e lettura del radiogiornale, non era il giornalismo di mia convinzione, ma è stata un’esperienza comunque arricchente sul piano culturale. In quel periodo, pur essendo una piccola radio, sviluppammo nuovi programmi e finestre informative sul campo. Ad esempio mi occupai dell’attentato ‘ndranghetista all’Agenzia delle Entrate di Sassuolo, un attacco allo Stato in controtendenza rispetto alla strategia della sommersione tipica delle mafie al centronord. Il 26 luglio 2006 affiliati alla cosca Arena di Isola di Capo Rizzuto, quella che ha fatto eleggere coi brogli in Germania il senatore del Pdl Nicola Di Girolamo, fecero saltare in aria gli uffici con un chilo di pentrite, esplosivo cinque volte più potente del tritolo. I funzionari pubblici avevano avuto l’ardire di rilevare una frode di Iva che nascondeva uno spaventoso giro di riciclaggio tra la Svizzera e le Isole Vergini. Tra le macerie fumanti parlai col direttore dell’Agenzia percependo il suo terrore. La mattina stessa Paolo Pelaggi, crotonese che gestiva la ditta di Maranello colpita dall’accertamento fiscale, l’aveva chiamato per dirsi dispiaciuto e, naturalmente, “a disposizione per ricomprare macchinari”. Il caso volle che l’anno seguente nascesse L’Informazione di Modena, quotidiano del gruppo di Erminio Spallanzani (settori acciaio ed edilizia) edito anche a Parma, Reggio Emilia e poi Bologna sulle ceneri de Il Domani. Il nuovo giornale spezzava gli equilibri tra le testate locali, Gazzetta (gruppo L’Espresso) e Resto del Carlino (gruppo Monti Riffeser). Dopo un’estate passata ad approfondire lo studio di leggi e codici, presi a occuparmi di cronaca nera e giudiziaria. Il decano del giornalismo locale mi accolse così: “Questo è una mina vagante”. Molti articoli, che purtroppo non sono più rintracciabili perchè alla chiusura de L’Informazione l’archivio online è stato cancellato, riguardavano – e in alcuni casi sospingevano – le indagini sul malaffare e sulla penetrazione delle mafie: camorra casalese, cosche calabresi, Cosa nostra corleonese e Stidda. Nel settembre 2009 ho iniziato a collaborare con Il Fatto Quotidiano per la versione cartacea e in seguito anche online. Quando le inchieste hanno colpito, oltre che la mafia militare, i fili del Potere politico-istituzionale e finanziario, sono stato travolto da vari problemi. Tutto nel giro di un paio di mesi. A livello economico ho perduto la sicurezza per l’improvvisa chiusura nel febbraio 2012 de L’Informazione, rimasta senza gli annuali contributi per la stampa in seguito ad accuse rivolte all’editore del giornale, poi rivelatesi infondate; inoltre ho subìto due cause intimidatorie (finora tutte le querele per diffamazione sono state archiviate e rigettate, incrociamo le dita) con richieste di risarcimento di 500mila e 1 milione di euro. La più pesante è stata intentata da una cooperativa per la puntata di Report, che mi intervistò sulle speculazioni edilizie e il primo caso di rapporti tra mafia e Pd in Emilia, nel Comune appenninico di Serramazzoni. Eppure ritengo di non aver fatto nulla di speciale, se non esercitare fino in fondo il diritto-dovere di informare. Da allora ho utilizzato il tempo libero per viaggiare, dunque indagare su nuove vicende, confrontarmi con altre esperienze, sviluppare collegamenti che l’indole, più che la deformazione professionale, suggerisce. Per 18 mesi ho lavorato alla realizzazione di Tramonto Rosso, un libro inchiesta sulle ragioni della mutazione antropologica della sinistra italiana, scavando sui personaggi chiave e sugli scandali più o meno noti che investono i gangli del ‘Potere Democratico’.
Stefano Santachiara

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