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domenica 12 maggio 2013

13 maggio 1981 attentato a Giovanni Paolo II

L'attentato a Giovanni Paolo II

L’attentato su commissione di una ideologia


Non lo dice esplicitamente, ma lo fa capire. L’attentato del 13 maggio 1981, compiuto da Alì Agca, fu «commissionato» e fu opera di «una delle ultime convulsioni delle ideologie della prepotenza, scatenatesi nel XX secolo». Lo scrive Giovanni Paolo II nel suo ultimo libro, Memoria e identità, in cui s’intuisce che il sospetto del Papa è quello più diffuso: la mano che armò l’attentatore era una potenza, ostile ad un pontefice che voleva smantellare l’impero sovietico. «La sopraffazione – spiega – fu praticata dal fascismo e dal nazismo, così come dal comunismo». E raccontando il suo colloquio del 1983 con Agca in carcere, scrive: «Alì Agca, come tutti dicono, è un assassino professionista. Questo vuol dire che l’attentato non fu un’iniziativa sua, che fu qualcun altro a idearlo, che qualcun altro l’aveva a lui commissionato».
Ma chi fu ad armare Alì Agca? Sembra ormai evidente che la mano era quella della Russia di Breznev, anche se su questo argomento la verità è difficile da far venire a galla in quanto ci troviamo in mezzo ad un episodio in cui operarono i servizi segreti. Il movente di chi armò Agca è comunque evidente: il movimento di Solidarność in Polonia stava destabilizzando il centro Europa. In Italia i giudici Priore e Imposimato hanno tentato di raggiungere una maggiore chiarezza su questo giallo, ma ambedue sono stati minacciati e ad Imposimato venne assassinato suo fratello. In tutti questi anni gli Statu Uniti hanno sempre taciuto su questa vicenda perché rivelare un fatto di questo genere significava destabilizzare l’intero ordine mondiale. Sopra questa vicenda di carattere storico si dipana anche una storia di carattere soprannaturale: una mano ha deviato la pallottola che avrebbe dovuto colpire il Papa. Giovanni Paolo II riconobbe in quella mano la figura di Maria, esattamente come profetizzò a Suor Lucia di Fatima. Per questa ragione la pallottola venne poi inviata a Fatima affinché venisse poi incastonata sulla corona della statua della Madonna di Fatima.
Il Cardinale Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione della Fede, nel corso della presentazione avvenuta il 22/2/2005 a Roma del libro Memoria e identità di Giovanni Paolo II ha dichiarato che Alì Acga gli ha scritto più volte cercando di indagare sul terzo segreto di Fatima. Ratzinger ha spiegato che Alì Acga “aveva sentito parlare di Fatima e del terzo segreto ed era convinto che nel segreto potesse esserci la risposta ad una questione tecnica per lui incomprensibile”. La questione tecnica che il terrorista turco si poneva era come mai egli avesse potuto fallire nell’uccidere il Papa. “Alì Acga – ha osservato il cardinale – si è occupato soltanto del problema tecnico: «Come mai non ha funzionato una cosa in cui io ero maestro?». Non è salito a livello morale, non si è posto il problema del bene e del male”. Anche il portavoce vaticano Joaquin Navarro-Valls ha sottolineato come “l’unico interesse di Alì Agca, come risulta dal racconto che fa il Santo Padre del loro colloquio in carcere, era capire perché non è riuscito ad assassinare il Papa. Quest’uomo era entrato in una logica che ci aiuta a capire anche l’ultima lettera che dice di aver scritto al Vaticano, e che invece noi abbiamo letto su un giornale: aveva sentito parlare di Fatima, del segreto, di una predizione della fine del mondo e da questo ha costruito una sua visione delle cose, il cui ultimo motivo è l’Anticristo.

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