L’attentato su commissione di una ideologia
Non lo dice esplicitamente, ma lo fa
capire. L’attentato del 13 maggio 1981, compiuto da Alì Agca, fu
«commissionato» e fu opera di «una delle ultime convulsioni delle
ideologie della prepotenza, scatenatesi nel XX secolo». Lo scrive
Giovanni Paolo II nel suo ultimo libro, Memoria e identità, in
cui s’intuisce che il sospetto del Papa è quello più diffuso: la mano
che armò l’attentatore era una potenza, ostile ad un pontefice che
voleva smantellare l’impero sovietico. «La sopraffazione – spiega – fu
praticata dal fascismo e dal nazismo, così come dal comunismo». E
raccontando il suo colloquio del 1983 con Agca in carcere, scrive: «Alì
Agca, come tutti dicono, è un assassino professionista. Questo vuol dire
che l’attentato non fu un’iniziativa sua, che fu qualcun altro a
idearlo, che qualcun altro l’aveva a lui commissionato».
Ma chi fu ad armare Alì Agca? Sembra
ormai evidente che la mano era quella della Russia di Breznev, anche se
su questo argomento la verità è difficile da far venire a galla in
quanto ci troviamo in mezzo ad un episodio in cui operarono i servizi
segreti. Il movente di chi armò Agca è comunque evidente: il movimento
di Solidarność in Polonia stava destabilizzando il centro Europa. In
Italia i giudici Priore e Imposimato hanno tentato di raggiungere una
maggiore chiarezza su questo giallo, ma ambedue sono stati minacciati e
ad Imposimato venne assassinato suo fratello. In tutti questi anni gli
Statu Uniti hanno sempre taciuto su questa vicenda perché rivelare un
fatto di questo genere significava destabilizzare l’intero ordine
mondiale. Sopra questa vicenda di carattere storico si dipana anche una
storia di carattere soprannaturale: una mano ha deviato la pallottola
che avrebbe dovuto colpire il Papa. Giovanni Paolo II riconobbe in
quella mano la figura di Maria, esattamente come profetizzò a Suor Lucia
di Fatima. Per questa ragione la pallottola venne poi inviata a Fatima
affinché venisse poi incastonata sulla corona della statua della Madonna
di Fatima.
Il Cardinale Joseph Ratzinger, allora
Prefetto della Congregazione della Fede, nel corso della presentazione
avvenuta il 22/2/2005 a Roma del libro Memoria e identità di
Giovanni Paolo II ha dichiarato che Alì Acga gli ha scritto più volte
cercando di indagare sul terzo segreto di Fatima. Ratzinger ha spiegato
che Alì Acga “aveva sentito parlare di Fatima e del terzo segreto ed era
convinto che nel segreto potesse esserci la risposta ad una questione
tecnica per lui incomprensibile”. La questione tecnica che il terrorista
turco si poneva era come mai egli avesse potuto fallire nell’uccidere
il Papa. “Alì Acga – ha osservato il cardinale – si è occupato soltanto
del problema tecnico: «Come mai non ha funzionato una cosa in cui io ero
maestro?». Non è salito a livello morale, non si è posto il problema
del bene e del male”. Anche il portavoce vaticano Joaquin Navarro-Valls
ha sottolineato come “l’unico interesse di Alì Agca, come risulta dal
racconto che fa il Santo Padre del loro colloquio in carcere, era capire
perché non è riuscito ad assassinare il Papa. Quest’uomo era entrato in
una logica che ci aiuta a capire anche l’ultima lettera che dice di
aver scritto al Vaticano, e che invece noi abbiamo letto su un giornale:
aveva sentito parlare di Fatima, del segreto, di una predizione della
fine del mondo e da questo ha costruito una sua visione delle cose, il
cui ultimo motivo è l’Anticristo.
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