Il primo personaggio del mondo del poker che andrò ad esaminare è il Pippippì (Professional Poker Player).
Questo personaggio è il perno del giuoco del poker, come la diarrea è il perno di alcune sindromi influenzali.
Egli gioca per “mestiere”, e quando vede giovani uomini che ancora si ostinano a lavorare come cassieri alla Conad non riesce a capire. Vorrebbe prenderli per il collo e scuoterli, ma sa che non servirebbe a niente: certa gente è davvero cocciuta e non riesce a vedere oltre il proprio naso. È per colpa di ragazzi così privi di iniziativa che il mondo va a puttane. Probabilmente questi lavativi si sono messi alla cassa perché non avevano voglia di studiare le odds e il manuale online di Hold em manager. Il poker pro stabilisce che meritano quello che hanno.
Egli passa gran parte della sua giornata giocando a poker su Internet, a volte vincendo, a volte perdendo. Lui però non usa questi termini: se glielo chiedete lui vi risponderà che grinda e spesso fa profit e a volte ha sfiga.
Per cercare di contrastare la sfortuna, che il pro comunque stima abbia un’influenza su questo gioco pari al 2%, egli si adopera nelle maniere più disparate. Rilanci fuori posizione con J2 contro avversari loose passive, call dal bottone con KJ contro la tribet del grande buio ultra-solido, range di apertura da UTG che arrivano a includere K2 con tutti i K girati accidentalmente dal dealer nel distribuire le carte e posizionati a faccia in su vicino agli scarti. Tanto il piano iniziale resta quello di fare hero call con K alto al river.
Il suo ragionamento è semplice: lui è il migliore al tavolo, in quanto ha letto tutti gli articoli dei forum e una volta ha visto per strada un tizio che assomigliava parecchio a Flavio Ferrari Zumbini. Questo gli dà un vantaggio notevole su tutti gli altri, e lui cerca di approfittarne entrando in più piatti possibili. A meno che al tavolo non sia seduto Zumbini (anche in quel caso la soluzione c’è: basta distrarlo dicendogli “Ehi, Flavio, hai un rombo di colore normale sul maglione”. Lui di solito depone le carte e si mette a cercare, ansioso, in mezzo al delirio di rosa fastidio, viola dolore e giallo angoscia dei suoi rombi, perdendo edge su di voi).
I nemici giurati del poker pro sono due: la varianza e i donk (in italiano antico: asini). Il primo è un termine che viene usato per indicare tante cose diverse, ma mai quella giusta. Di solito viene utilizzato al posto dello strambo “fluttuazione”, che per qualche motivo NESSUNO al mondo pronuncia neanche per sbaglio. Comunque trattasi delle altalene di risultati nel breve-medio periodo, fisiologiche in un gioco dove molti colpi si giocano al 50 e 50. Un crudele accanimento del Signore per tutti i Pro.
I donk, che sono l’unico motivo per cui questo gioco può far vincere soldi ai giocatori con un minimo di furbizia in più, sono visti dal Pro come una piaga inevitabile. Loro giocano male e sculano. In realtà loro non giocano come il Pro si aspetta e quindi vincono. Il motivo per cui il pro perde costantemente contro di loro risiede nel fatto che lui non si abbasserà MAI a snaturare il proprio gioco per adattarsi agli errori di questi asinacci. L’unico intervento che opera consiste nell’ampliamento del proprio range di bestemmie. Raramente la cosa ha successo. Il pro si è seduto al tavolo per bluffare con 7 alto e fare hero call con 8 alto: per lui questo è l’unico modo per vincere soldi. La cosa non funziona perché i donk hanno imparato a giocare a poker leggendo la recensione di “Asso” di Celentano su “Tv, sorrisi e canzoni” e di solito sono difficili da bluffare, in quanto tendono a chiamare seguendo dei criteri che sono del tutto preclusi a tutti gli altri. È uno strano miscuglio di astrologia, smorfia napoletana e entità della scollatura della dealer. Rappresentare full quando si ha 7 alto in mano viene percepito dal donk in maniera diversa da come il poker pro si aspetta: di solito rimane semplicemente affascinato dal colore delle chips sul tavolo e chiama. (
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