Se ci fosse una classifica per le vite dei giocatori di
poker, quella di Scotty Nguyen meriterebbe quantomeno il podio. Perchè
la sua è un film, d'avventura, un kolossal tipo “Il cacciatore”, di
Michael Cimino. Non a caso c'è di mezzo il Vietnam, dove Scotty (che
all'anagrafe di nome fa Thuan) è nato nel 1962.
A 11 anni il giovane Nguyen se ne va dal suo Paese, dilaniato dalla
guerra, e si trasferisce dal “nemico”, negli Stati Uniti. È un ragazzo
ribelle, Scotty, primo di tredici fratelli. Come meta sceglie Chicago,
dove una famiglia lo ospita: ma per poco. Nell'Illinois fa troppo
freddo, meglio il sole della California.
La scuola? Meglio non parlarne. O meglio, ne viene cacciato perchè già a
quell'epoca preferisce dedicarsi ad altro: il gioco d'azzardo, e il
poker in particolare. Costretto a trovare lavoro, Nguyen finisce per
trovare un impiego in un'impresa di pulizie: che tra i suoi clienti,
guarda un po', ha il casinò Harrah di Las Vegas.
È la svolta definitiva. Scotty molla il lavoro e frequenta la scuola di dealer. Vuole entrare
nel mondo del poker ad alto livello, ma non per partecipare: l'obiettivo
è vincere, e tanto. I fondi ci sono, perchè nelle pause del lavoro come
dealer ai tavoli, gioca ore e ore a cash, incassando centinaia di
migliaia di dollari. Nel 1997, con un investimento di 2mila dollari
porta a casa il suo primo braccialetto di campione del mondo: nell'omaha
8 or better, e il primo premio da 157mila bigliettoni.
prova a vedermi —
Ma è già l'anno dopo che arriva l'apoteosi. Il main event delle World
Series si risolve in un heads up mozzafiato tra Nguyen e Kevin McBride.
Con un full sul board (tre 8 e due 9), Scotty va all in pronunciando la
celebre frase: “Se fai call è tutto finito, baby”. McBride crede nel
bluff e replica: “Io gioco il tavolo”, chiamando. Scotty gongola
mostrando 9-J, per un full più alto, contro il Q-10 dell'avversario.
Ne arriveranno altri di braccialetti, per il vietnamita. Il più
prestigioso, nel 2008, nel maxi-evento misto horse da 50mila dollari
d'iscrizione. Vincita, due milioni. Un risultato contestato dai più non
per il fatto in sé, ma per il vizio dello stesso Scotty di innaffiare i
suoi tornei da litri e litri di superalcolici bevuti al tavolo. Il bere,
infatti, oltre all'abuso di stupefacenti, è stato uno dei problemi
extra-poker di Nguyen. Pare, comunque, li abbia risolti.
the prince —
Con il suo abbigliamento inconfondibile (occhiali da sole dalla
montatura sottile, catene al collo), l'accento orientale e il sorriso
sempre aperto, Scotty è uno dei personaggi del circuito mondiale.
Rispettato e temuto al tavolo, è soprannominato “The Prince of Poker”.
Un principe che ha trovato il suo regno lontano da casa; come in un film. (Web)
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