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In realtà i Leprecauni non erano in origine i simpatici folletti verde-vestiti che abbiamo tutti visto nel disneyano "Darby O'Gill e il Re dei Folletti"; essi erano invece creature soprannaturali connesse alla fertilità della terra e capaci di esercitare un enorme potere sulla forza vitale della natura. Le creature "naturali" della mitologia celtica sono giunte fino a noi filtrate dal monachesimo irlandese, che ha cercato di integrare i miti pagani con le Sacre Scritture. La prima traccia scritta che abbiamo relativamente ai Leprechauni e il Lebor na hUidre (Il Libro della Mucca dei Colori Scuri) che li cataloga fra i più antichi successori del Noè ebraico e nella "specie umana dai corpi deformati" (nella quale c'erano i giganteschi Fomori, i satiri, e tutti gli altri uomini con caratteristiche fisiche differenti dalla norma o incrociati con animali).
Come tutti i "diversi", i Leprecauni vengono odiati, temuti ed evitati dai mortali, e per questo si vendicano bruciando le loro case o facendo avvizzire i raccolti.
La tradizione irlandese nei secoli ha ammorbidito questa loro caratteristica vendicativa, trasformandola in animo dispettoso.

Eccoci quindi all'immagine più nota del Leprecauno.
Un esserino magico che ama fare scherzi (a volte pesanti), ma che colpisce soprattutto gli avari, i ladri e gli avidi con prove e trappole di raro ingegno.
E' di pelo rosso (capelli e barba lunghi), velocissimo, e così forte da stendere un bue con uno schiaffo. E' la summa dei vizi irlandesi: adora le prese di tabacco ed è capace di ingurgitare una quantità enorme di whisky e birra.
Le sue magie più note sono: l'abilità di trasformarsi in animali e cose, la capacità di rendersi invisibile a piacimento, il potere di esaudire i desideri, la facoltà di fare enormi balzi ed in alcuni casi di volare.
Fra i suoi scherzi preferiti c'è il taglio dei capelli alle donne che dormono, la trasformazione dell'oro in carbone, la scomparsa di parti del raccolto o dei sacchi di grano.
La tradizione irlandese li vede però anche capaci di essere servizievoli e riconoscenti con chi li ripaga per il loro magico lavoro. In alcune zone dell'Irlanda ancora oggi si lascia per il folletto un bicchiere di latte sul davanzale della finestra. Esistono moltissimi racconti della loro perizia e abilità in moltissimi mestieri, fra i quali spiccano i mestieri di calzolaio e di mugnaio.
Ad esempio nella contea di Mayo i contadini portavano ogni sera i sacchi di grano in una caverna vicino a Cong, e la mattina trovavano sacchi di farina già macinata in cambio di una piccola parte del prodotto. Da allora la caverna è stata ribattezzata "Mullenlupraghan" (il mulino dei Leprechaun). Il mugnaio simbolicamente è il tramite fra prodotto grezzo (il grano) e prodotto lavorato (la farina), e cioè fra fecondità della Terra e capacità dell'uomo di sfruttarne i doni.

I Leprechaun sono spesso descritti come "i calzolai delle Fate", e la scarpa è un simbolo sessuale usato in tutto il mondo. Esistono varie fiabe che narrano di scarpe donate da folletti in cambio di birra o di piccoli abiti per loro confezionati.
Infine è doveroso ricordare che sono proprio i Leprecauni i custodi della leggendaria pentola d'oro che si trova alla fine dell'arcobaleno. La tradizione vuole che se un umano cattura un folletto in cambio della libertà può chiedergli tre desideri, che il folletto dovrà esaudire immediatamente, oppure una variante vuole che il folletto catturato in cambio della libertà confessi i luoghi in cui è sepolta la pentola d'oro o le numerose pignatte ricolme di monete che sposta in continuazione.
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"Sei sicuro di essere abbastanza forte da riuscire ad arrampicarti fin lassù?"
"Certo, sono stanco e affaticato dal lavoro ma forte a sufficienza." Il folletto allora spiegò al giovane come fare per trovare la pentola d'oro: "Devi salire fin sulla cima, cercare un salice piangente che nasconde con i suoi rami una pietra nera come la pece. Scava sotto la pietra e troverai una pentola piena d'oro. Ora fa' attenzione! Dovrai prendere solo l'oro che riuscirai a mettere nel tuo cappello, neanche un filo di più. Portamelo e io, in cambio del tuo aiuto, ti darò una moneta d'oro ogni tre". Gimmy, che non era avido, accettò l'accordo proposto dal folletto, mise le gambe in spalla e si avviò di buon passo verso il monte.
Salì e salì e finalmente raggiunse la cima. Era stata una camminata davvero faticosa! Si guardò attorno e vide il salice e la pietra nera, proprio come gli aveva raccontato il folletto calzolaio. Spostò con fatica la pietra nera, che era molto grossa e pesante, e sotto vide una gran pentola piena fino all'orlo di monete d'oro luccicanti. Ebbe per un momento la tentazione di imbottirsi tasche e taschini di monete, poi ricordò le parole del folletto e decise di seguire i suoi consigli. Si tolse il cappello, lo riempì di monete, rimise a posto la pietra nera e ridiscese la montagna.
Il piccolo lepricauno lo stava attendendo con ansia. Fu felice quando vide che il giovane aveva seguito a puntino le istruzioni e si mise con puntiglio a fare la spartizione: una a te, tre a me, una a te, tre a me...
I due mucchi erano fatti. Gimmy ringraziò il folletto che si rimpiattò nella sua fessura, poi guardò l'oro e vide che il calzolaio aveva in realtà diviso il bottino a metà. Felice, tornò a casa e decise di investire con oculatezza la sua fortuna. Comprò altra terra e altro bestiame, irrigò i suoi campi, assunse persone che lo aiutassero a liberarli definitivamente dai sassi. Ben presto divenne padrone di una fiorente fattoria.


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