 |
|
Arriviamo sempre in ritardo, lasciandoci sfuggire l'attimo di oraziana
memoria. Non è questione di sfortuna, di casi o di accidenti. Se la vita
è un gioco, il nostro arrivare tardi non è una casella di penalità che
ci rallenta facendoci saltare un turno. Arrivare tardi a capire fa parte
delle regole del gioco, è esso stesso una delle regole fondamentali. E'
un peccato, sostiene Wilde, che arriviamo a imparare tardi le lezioni.
Eppure non è colpa nostra, fa invece parte dello schema del gioco. Dire
che sia un peccato significa disprezzare il gioco, mentre la vita, a mio
parere, non va mai disprezzata. Essa ha un senso immenso che la maggior
parte delle volte non cogliamo, lamentandoci facilmente dei peccati,
delle ingiustizie e delle sfortune. Potrei dire, allontanandomi da
Wilde, che è invece una grazia che le lezioni di vita, pur in ritardo,
arrivino, esistano. Dire poi che arrivino quando non servono più, è del
tutto arbitrario. Non è affatto come dire che, una volta cresciuti, non
ci serve più il succhiotto per dormire (a qualcuno però sì). Non è lo
stesso, poiché quanto abbiamo appreso dalla vita verrà rilanciato nella
vita stessa. I dadi non si annullano, mentre il punteggio, in questo
strano, meraviglioso gioco, si somma. Il passato determina, anche se non
in modo assoluto come avrebbe voluto Hegel, il presente e il futuro.
Quando mi troverò di fronte al prossimo bivio, al prossimo lancio di
dadi, io ricorderò la lezione imparata per un altro scopo, e non avrò il
coraggio di dire che non servirà. Perché anche questo sarebbe, ancora
una volta, disprezzo della vita,della sua intelligenza e maestria che
certo supera la nostra umana, troppo umana presunzione.
Nessun commento:
Posta un commento