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martedì 3 ottobre 2017

Il glaucoma,la malattia che ha colpito il mio occhio sx.e la Pupilloplastica che a me non ha dato esiti positivi-


Il glaucoma é una delle principali cause di cecità del mondo contemporaneo. Si tratta di una famiglia di malattie che aggrediscono in maniera progressiva il nervo ottico (neuropatia ottica). Il nervo ottico è una sorta di cavo elettrico costituito da un milione di fibre, ognuna delle quali rappresenta il prolungamento delle cellule ganglionari, gli elementi della retina incaricati di trasferire l’informazione luminosa, relativa a un punto del campo visivo, alle zone del cervello. E’ un nemico estremamente insidioso, poiché nelle fasi iniziali e intermedie il nostro sistema di allarme (la sintomatologia) non funziona. In genere il soggetto non si accorge di nulla, dal momento che la perdita di visione, graduale, interessa inizialmente le porzioni periferiche, meno utilizzate, del campo visivo. Inoltre il deficit funzionale viene compensato in maniera inconsapevole dagli automatismi motori della visione binoculare e dei movimenti del capo, per cui é assai frequente che la diagnosi venga posta in maniera tardiva, quando ormai un danno importante e permanente alla visione si é instaurato. Le modalità con cui il danno alle fibre del nervo ottico si instaura e progredisce sono molteplici e tuttora non ben chiare. La morte delle cellule ganglionari avviene mediante un meccanismo di suicidio biologico programmato (apoptosi), riducendo lo spessore dello strato delle fibre nervose retiniche e provocando l’aspetto tipico della testa del nervo ottico: l’aumentata l’escavazione centrale. E’ necessaria una perdita di almeno il 50% del patrimonio di cellule ganglionari perché il deficit del campo visivo periferico venga notata dal paziente. La visione a tunnel, ovvero limitata alla percezione esclusiva delle zone centrali del campo visivo, caratterizza le fasi avanzate della malattia che, se non trattata, esita nella cecità totale e irreversibile. Infatti, siccome le cellule ganglionari sono elementi perenni (come le cellule del cervello, nascono e muoiono con l’individuo, svolgono funzioni altamente specializzate ma non hanno la capacità di riprodursi), non esiste la possibilità di disporre di un nervo ottico artificiale né di poterne trapiantare uno da donatore. Quindi, almeno per ora, la miglior medicina contro il glaucoma é la prevenzione, realizzata mediante l’effettuazione di visite ed esami regolari e periodici anche nei soggetti apparentemente sani, con particolare attenzione ai soggetti che presentano uno o più fattori di rischio. La perdita di funzione visiva, infatti, può essere evitata mediante la diagnosi precoce e un trattamento tempestivo.

I FATTORI DI RISCHIO
In assenza di una causa e un meccanismo patogenetico noto, la diagnosi e la prognosi iniziali del glaucoma si evidenziano attraverso una serie di indagini volte a individuare e quantificare i fattori di rischio:
1. L’età avanzata. Sebbene possa presentarsi ad ogni età, l’incidenza del glaucoma aumenta in maniera drastica dopo i 40 anni e continua a crescere con l’invecchiamento.
2. La pressione intraoculare (IOP) elevata.
Prodotto dietro l’iride per filtrazione del sangue da parte dei corpi ciliari, nella porzione anteriore dell’occhio circola un fluido trasparente chiamato umore acqueo, che serve a nutrire l’iride, la cornea e il cristallino, portandosi via i loro prodotti di scarto: esso si scarica in corrispondenza dell’angolo della camera anteriore, attraverso un sistema di drenaggio a rete (il cosiddetto trabecolato) che lo convoglia all’esterno dell’occhio e quindi nel torrente venoso. La teoria fisiopatogenetica classica del glaucoma si basa su un principio idraulico: se non c’é equilibrio tra la quantità di liquido prodotto e quantità scaricata, la pressione interna dell’occhio aumenta, ‘schiacciando’ i capillari che nutrono le cellule ganglionari, provocandone la degenerazione (Figura 1).
Tale ipotesi é stata ampiamente riveduta. Se é vero che la normalizzazione pressoria ottenuta con la terapia medica o chirurgica sovente rallenta o interrompe il progredire della malattia, é anche vero che in molti casi (i cosiddetti glaucomi a bassa pressione o normotesi) si deve pensare a fattori causali indipendenti dalla IOP, ovvero legati a deficit locali della microcircolazione o a elementi essenziali di debolezza strutturale del nervo ottico che lo rendono più vulnerabile. In questi casi la più moderna strategia terapeutica é la cosiddetta ‘neuroprotezione’, un’area emergente di ricerca concernente farmaci capaci di rinforzare le difese delle cellule ganglionari prevenendone la morte. Dati preliminari indicherebbero che l’uso delle statine (farmaci che riducono il livello di colesterolo nel sangue) e di farmaci calcio-antagonisti siano associati ad un rischio ridotto di glaucoma ad angolo aperto. Con uno schema forse arbitrario ma utilizzato quasi universalmente, si considerano sospetti i valori di misurazione della IOP (tonometria, Figura 2) superiori a 21 millimetri di mercurio (mm Hg) con variazioni che nel corso della giornata non superano i 3 mm Hg. Le oscillazioni superiori a 5 mm Hg aumentano il rischio di progressione della malattia di 6 volte. Per questo motivo é sempre opportuno effettuare la ‘curva tonometrica’, ovvero una serie di misurazioni seriate nell’arco della giornata. Almeno il 40% dei glaucomatosi, tuttavia, presenta valori inferiori a tale soglia (vedi glaucoma ‘normoteso’), per cui la sola misurazione della pressione é parametro assolutamente insufficiente per lo screening del glaucoma e va sempre associato agli esami successivi.
3. L’aspetto delle strutture filtranti dell’angolo irido-corneale. L’osservazione dell’angolo (gonioscopia, Figura 3) individua il grado di apertura e eventuali anomalie congenite (residui embrionali) o acquisite (sinechie, neovasi, pigmento…) che possono ‘otturare’ gli spazi filtranti, classificando le forme di glaucoma e aiutando la scelta della terapia più idonea
4. La genetica (familiarità e razza). La presenza di un parente di secondo grado affetto aumenta il rischio di 10 volte rispetto alla popolazione generale, mentre un genitore o un fratello malato comporta un’incidenza statistica del 33% (uno su tre). Alterazioni genetiche che potrebbero giocare un ruolo nel favorire la predisposizione a sviluppare il glaucoma sono stati individuati recentemente: sono il gene del glaucoma congenito giovanile GLC1A e il gene GLC3A. Inoltre taluni loci cromosomici si associano con un esordio precoce e una gravità moderata (il GLC1F sul cromosoma 7) oppure con una comparsa tardiva e un decorso aggressivo (il GLC1G sul cromosoma 5).
Nella razza africana, il glaucoma presenta in genere un decorso più aggressivo, in quanto risponde meno alle terapie convenzionali, sia mediche che chirurgiche, per le peculiari modalità di cicatrizzazione dei tessuti connettivali nelle persone di pelle nera.
5. L’aspetto dello strato delle fibre nervose e della papilla ottica (o disco ottico) (Figura 4): punto in cui le fibre nervose, prolungamenti delle cellule ganglionari, si raccolgono per lasciare il bulbo oculare. Normalmente di colorito roseo, con una moderata escavazione centrale da cui fuoriescono l’arteria e la vena centrali della retina, e un bordo netto di delimitazione (la rima neuro-retinica), la papilla nel glaucoma presenta una serie di alterazioni (anomalie di percorso dei vasi, pallore, aumentata escavazione, evidenziata come anomalo rapporto cup/disc tra escavazione e rima, irregolarità e asimmetrie della rima, presenza di tacche o di emorragie) che andrebbero documentate e registrate con tecniche standardizzate di fotografia digitalizzata, avvalendosi di speciali filtri, oppure ricorrendo a sofisticati dispositivi computerizzati di imaging Questi ultimi registrano l’immagine su supporto elettronico, misurando in maniera veloce e precisa profondità ed elevazione, fornendo indici numerici e quindi la possibilità di comparazioni su base statistica con la popolazione normale, quella malata e quella ‘sospetta’. Il loro significato precipuo é però soprattutto quello di individuare in maniera obiettiva e riproducibile le alterazioni precoci, che possono impiegare anni a rendersi diagnosticabili con gli esami soggettivi tradizionali (campo visivo), al fine di mettere in essere tempestivamente le opportune correzioni terapeutiche.
Attualmente esistono tre sistemi di Imaging. La tomografia HRT (Heidelberg Retinal Tomography) ricostruisce in tre dimensioni le scansioni effettuate con laser confocale. La polarimetria a scansione laser (GdX) studia la birifrangenza dello strato delle fibre del nervo ottico.
La tomografia a coerenza ottica (OCT), il cui funzionamento é basato sull’interferometria, tecnica di misurazione per alcuni aspetti simile all’ecografia, soltanto che invece del suono utilizza la luce. L’interferometro registra ed elabora gli schemi di ritardo degli echi luminosi della retina e del nervo ottico, interpolandoli con quelli di riferimento, fornendo dati sull’escavazione della papilla ottica (Figura 5), sullo spessore dello strato delle fibre nervose peripapillare (RNFL). La presenza di punti di repere posti sul margine della papilla, o sui vasi principali, consente di ritrovare la localizzazione esatta delle tomografie ed effettuare una perfetta sovrapposizione degli esami di controllo.
6. Lo spessore corneale (pachimetria). I pazienti con cornee sottili hanno un rischio maggiore di sviluppare il glaucoma ad angolo aperto, soprattutto se si associa un aumentato rapporto verticale tra escavazione e diametro della papilla ottica. La pachimetria centrale, insieme all’età, viene modernamente utilizzata per correggere la lettura tonometrica e prevedere la chance di danno del campo visivo, che si misura in decibel. Ogni 10 micron (m) di spessore corneale in meno rispetto alla norma (520-540 micron, poco più di mezzo millimetro) si calcola un valore reale di pressione intraoculare aumentato di 0.35 mm Hg; gli stessi 10 micron in più si associano a un difetto medio del campo visivo di 0.34 decibel, mentre ogni decennio di età in più peggiora il difetto medio di 0.88 decibel. Nel punteggio AGIS (Advanced Glaucoma Intervention Study score), basato su di una scala da 1 a 20 con 0 per il soggetto con un campo visivo perfettamente normale e 20 il glaucoma allo stadio terminale, ogni aumento di spessore di 10 micron rispetto alla norma comporta un miglioramento dello score di 0.31 punti.
7. La miopia elevata e una storia di pregressi traumi oculari si associano statisticamente ad un maggior rischio di sviluppare il glaucoma.
8. I disordini della microcircolazione locale (emorragie del nervo ottico, atrofia della retina intorno alla testa del nervo ottico, stiramento dei vasi nella miopia elevata…) o generale (iper e soprattutto ipotensione arteriosa, ridotte flussimetrie per valori bassi di pressione diastolica, malattie cardiovascolari in genere, diabete, malattie del metabolismo lipidico, iperviscosità del sangue, fenomeni di vasospasmo periferico come la malattia di Raynaud, l’emicrania, l’anemia grave…).
Nel glaucoma accertato, l’esame del campo visivo (perimetria, Figura 6) é la classica prova di danno al nervo ottico. L’originale tecnica manuale é stata abbandonata per tale finalità, per cui non andrebbe più eseguita nei pazienti glaucomatosi.
Purtroppo anche l’esame più utilizzato e standardizzato (il campo visivo automatizzato ‘bianco su bianco’, che utilizza cioé uno stimolo luminoso su sfondo chiaro) risulta utile nel seguire l’evoluzione della patologia ma non altrettanto nel porre la diagnosi precoce, in quanto rileva lesioni quando si é già verificata la morte di almeno il 30% delle cellule ganglionari. Per questa finalità é disponibile la perimetria ‘blu su giallo’, potenzialmente in grado di individuare gli scotomi (le perdite del campo visivo) da 2 a 5 anni prima della perimetria standard. Essa non é praticabile nei soggetti con cataratta iniziale.
Sempre allo scopo di effettuare una diagnosi precoce, la risposta funzionale delle cellule ganglionari può essere studiata l’elettroretinogramma a pattern (PERG). Opportuni elettrodi posti sulla superficie oculare anestetizzata con collirio registrano i potenziali bioelettrici, ovvero le differenze di potenziale tra cellule nervose, del tipo di quelle individuate dall’elettroencefalogramma, in risposta a stimoli presentati su di uno schermo. Si tratta di un test assai specifico (valuta con particolari parametri di stimolazione la risposta di una popolazione specifica di cellule ganglionari, le cosiddette magnocellulari di tipo M e Y) e sensibile (gli elementi magnocellulari sarebbero i primi a risentire del danno glaucomatoso, mostrando alterazioni bio-elettriche prima che si consolidino deficit del campo visivo). I limiti delle ridotte diffusione e standardizzazione metodologica ne condizionano però ancora molto l’applicazione nello screening del glaucoma.
La misurazione della flussimetria dei vasi intracranici mediante ECO-Color-Doppler evidenzia alterazioni significative e precoci a carico soprattutto delle arterie ciliari posteriori e del circolo coroideale nel glaucoma a bassa pressione, ovvero nel 30% delle forme giovanili. In genere meno compromessa é la flussimetria dell’arteria centrale della retina. Il risvolto terapeutico é ancora tutto da esplorare; riguarda l’utilizzo di farmaci calcio-antagonisti come la flunarizina, ancora non disponibili come collirio, ma soltanto in compresse.

Dopo tali accertamenti, il paziente viene inquadrato nelle seguenti categorie:
1. Normale, senza rischio specifico di glaucoma
2. Sospetto glaucoma (angolo a rischio di chiusura, dubbi sull’aspetto del nervo ottico o del campo visivo, IOP 21 mm Hg)
3. Preglaucoma (angolo parzialmente chiuso, IOP 30 mm Hg senza evidenza di danno funzionale)
4. Glaucoma (evidenza di danno anatomico-funzionale).
Alla categoria 2 verrà assegnata una prudente, e regolare tempistica di verifiche (controlli a 3, 6 o 12 mesi).
Le classi 3 e 4 riceveranno l’assegnazione ad una tipologia di glaucoma, con annessa prognosi e terapia personalizzata. A loro sarà assegnata una tempistica di controlli per determinare l’evoluzione del danno.
LA CHIRURGIA
Nel 10-15% dei casi la patologia progredisce nonostante le terapie prestate, oppure queste non sono praticabili con una ragionevole aspettativa di successo; in questi casi é indicata una soluzione chirurgica. Quest’ultima viene oggi effettuata molto più frequentemente e precocemente rispetto al passato, in considerazione dell’aumento dei tassi di sicurezza e di efficacia, ma anche del fatto che la terapia topica prolungata provoca l’infiltrazione di globuli bianchi della congiuntiva e della capsula di Tenone, favorendo i meccanismi che comportano il fallimento della chirurgia stessa.
Il principio della chirurgia consiste nell’abbassare la pressione intraoculare, rimuovendo gli ostacoli al deflusso, ampliando i percorsi naturali di filtrazione oppure creandone di nuovi, alternativi. Nei glaucomi ad angolo chiuso si apre una comunicazione praticando un foro con forbicine nell’iride periferica (iridectomia); nei casi secondari o congeniti si effettua la discissione delle membrane, dei residui mesodermici (goniotomia), delle aderenze iridee (sinechiotomia) o vitreali (vitrectomia) al fine di riaprire l’angolo irido-corneale.
La tecnica classica (la trabeculectomia), tuttora la più praticata al mondo nel glaucoma cronico semplice ad angolo aperto, prevede la rimozione di un bottone di tessuto e la creazione di un canale di filtrazione nelle strutture anatomiche interne (la sclera e il trabecolato), che poi viene protetto con uno sportello esterno di sclera e un lembo di congiuntiva, evidenziato da un rilievo traslucido, la ‘bozza’ del bianco dell’occhio, collocata alle ore 12 e visibile sollevando la palpebra superiore (Figura 10).
La parete oculare (sclera e trabecolato) viene perforata e protetta con un lembo sclerale (trabeculectomia)
Un tasso significativo di complicanze connesse alla perforazione della parete oculare ha motivato la progressiva affermazione, nel corso degli ultimi dieci anni, della chirurgia ‘non perforante’, che implementa il deflusso uveo-sclerale (con la sclerectomia profonda) e l’attività del principale dotto collettore dell’umor acqueo, il canale di Schlemm, che viene dilatato con una sostanza viscoelastica nella variante chiamata viscocanalostomia). L’impianto di presidi spaziatori in materiale riassorbibile o non ha lo scopo di mantenere pervio il canale di filtrazione (Figura 11).
Nel 75-80% dei casi il risultato ottenuto permette la sospensione della terapia medica. Almeno la metà dei pazienti ha tuttavia bisogno di continue verifiche quando non di piccoli ritocchi, come ad esempio la laserizzazione delle suture o del versante interno dell’apertura (goniopuntura), la riapertura dall’esterno della bozza mediante ago (‘needling’), l’iniezione perioculare di farmaci antitumorali come il 5-Fluorouracile e la Mitomicina C, la cui azione é volta a inibire la cicatrizzazione che tende a chiudere il nuovo percorso filtrante. Un paziente su cinque ha bisogno, nel tempo, di essere sottoposto a chirurgie addizionali. A volte é sufficiente rimuovere la cataratta per ottenere la normalizzazione pressoria, altre volte occorre ripetere la stessa chirurgia nella medesima sede originaria o accanto ad essa.
Subito dopo la chirurgia, in genere l’occhio é ipotonico, quindi particolarmente soffice e vulnerabile nei confronti di traumi anche minimi; per questo motivo l’attività fisica va ridotta ai minimi termini, anche se é consentito camminare lentamente, guardare la televisione o leggere un libro utilizzando l’altro occhio, anche perché di solito la visione nell’occhio operato risulta annebbiata. Per verificare la guarigione, che avviene con modalità individuali, e aggiustare la terapia e le consegne per la convalescenza, sono necessari numerosi controlli nelle prime 4-6 settimane.
Complicazioni
Ogni chirurgia antiglaucomatosa presenta inevitabilmente il rischio di complicanze, talune comuni a tutti gli interventi sul bulbo oculare (complicazioni dell’anestesia locale e/o generale, emorragia, infiammazione, infezione), altre peculiari, legate alla mancata regolazione della tensione endoculare, con eccesso o fallimento dell’azione ipotonizzante. L’eccessivo ipotono (pressione bassa) e l’ipertono (pressione alta) postoperatori sono spesso legati a processi cicatriziali individuali difficilmente prevedibili e gestibili, per cui anche un intervento ben eseguito può risultare insufficiente a controllare la pressione, e quindi richiedere la continuazione della terapia medica locale con colliri. Entrambe le condizioni possono risultare di entità lieve o moderata, ben controllabili con terapia medica, e ritardare senza condizionare il recupero funzionale. Altre volte, tuttavia, si possono presentare con modalità grave o acuta, comportando:
* l’ospedalizzazione urgente per monitorare il decorso postoperatorio;
* periodi più o meno lunghi di inattività fisica;
* la necessità di procedure addizionali per l’iperfiltrazione e la perforazione della bozza, come l’iniezione di sangue autologo nella bozza oppure l’innesto di un lembo di sclera che può essere prelevato dallo stesso soggetto oppure da donatore;
* ulteriori chirurgie filtranti, da semplici (riapertura della bozza chiusa con un ago, il cosiddetto needling) a complesse, magari con l’applicazione locale di farmaci antitumorali (come la mitomicina C o il 5-fluoro-uracile) per inibire la cicatrizzazione sclero-congiuntivale che chiude i canali di filtrazione. Taluni chirurghi preferiscono utilizzare subito tali farmaci, in occasione della prima chirurgia. I farmaci antimitotici risultano particolarmente tossici per i tessuti intraoculari per cui il loro uso, gravato da una serie di rischi specifici, va attentamente valutato nell’analisi costo/beneficio e discusso con il paziente;
* la possibilità di esiti permanenti, con perdita parziale o totale, della vista.
Talvolta (nelle forme neovascolari o incontrollabili, quando la funzione risulta spenta o quasi, nei glaucomi avanzati dopo il fallimento delle tecniche convenzionali ad opera di cicatrizzazioni aggressive) si prende in considerazione l’impianto di valvole o shunt, tubicini di materiale plastico inseriti all’interno della camera anteriore e collegati a dispositivi valvolari di varia foggia (i più noti sono gli impianti di Molteno, Baerveldt, Krupin, Ahmed) (Figura 12), collocati sotto la congiuntiva oppure la distruzione di una parte o di tutti i corpi ciliari (gli organuli che producono l’umore acqueo). Quest’ultima può venire effettuata per via termica con il laser a diodi applicato dall’interno, per via endoscopica (negli occhi già operati di cataratta) oppure dall’esterno, mediante l’applicazione di una sonda laser oppure con il ricorso al freddo (crioablazione). Il dr. Lovisolo preferisce nettamente le procedure d’impianto, in quanto consentono una via di scampo nel caso di ulteriori complicazioni. Al contrario, l’ablazione dei corpi ciliari é procedura imprevedibile, con il rischio concreto (superiore al 50%) di funzionare ‘troppo’, ossia di provocare nel tempo, insieme all’atrofia dei corpi ciliari, una marcata ipotonizzazione che spesso conduce alla ftisi irreversibile del bulbo.PUPILLOPLASTICA: la ectopia pupilare e/o corectopia,è una anomalia spesso congeniota della posizione del forame oculare!!
Spesso è associata ad altre patologie oculari!
La pupilloplastica è l'intervento chirurgico che tende a ripristinare la sua configurazione più possibile vicino alla norma!!......................

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